Dallo Stato burocratico allo Stato democratico. Stabilità e complessità (di Marco Emanuele)

Sentiamo spesso ripetere, con riferimento ai sistemi-Paese, la parola “stabilità”. In queste ore la leggiamo, a varie latitudini, con riferimento alla ricostituzione del “tranquillizzante” binomio Mattarella-Draghi in Italia.

Mi domando: la stabilità è un valore ? D’istinto la risposta non può che essere positiva. Un sistema stabile meglio resiste agli scossoni interni ed esterni, riesce a reagire con più efficienza, unisce le forze al proprio interno, ecc. Tutto questo è certamente vero, ma …

Quando diciamo che il mondo è complesso ci riferiamo non alle sue evidenti difficoltà (due per tutte: l’aumento esponenziale dei conflitti e la crescita delle disuguaglianze … per non parlare della pandemia) ma al fatto che i processi storici sono profondamente interrelati e si presentano a noi come un mosaico. Tali processi non sono separabili perché si alimentano reciprocamente (molto spesso pericolosamente): solo a esempio, la salute globale non è separabile dalla grande sfida del climate change e dalla necessità di ri-pensare una economia circolare, sostenibile e il più possibile equa.

Ecco che, di fronte ai nostri Stati, si presentano le crisi nella loro interrelazione e non “una alla volta”. Questa banale considerazione mi porta a una riflessione più realistica, o “realisticamente progettuale”, sul tema della stabilità. Un Paese è “resiliente” se è in grado di essere “stabilmente dinamico”. Ossimoro o necessità ?

Non intendo giocare con le parole, sia chiaro, ma tentare di percorrere una via che, con tutta evidenza, le classi dirigenti di oggi faticano a vedere. In un discorso sulla “sicurezza sistemica” dei Paesi la prospettiva qui proposta risulta decisiva (almeno secondo chi scrive).

La vera partita, in un mondo percorso dalla rivoluzione tecnologica e dalla continua trasformazione del rischio e per mantenere accettabile il livello e la qualità della sicurezza (per non farla de-generare in controllo o dominio), è il passaggio dallo Stato burocratico allo Stato democratico. Se i regimi autoritari fanno la scelta burocratica per “natura”, le democrazie liberali, soprattutto in questa fase storica, mostrano di non aver svolto quel passaggio. Semplificare la burocrazia non significa de-burocratizzare: allo stesso tempo, passare allo Stato democratico non significa rinunciare alla burocrazia. Il tema è ri-pensare lo Stato nel tempo della rivoluzione tecnologica, al contempo ri-pensando – per ri-fondare – la Politica.

Concludo dicendo che la stabilità diventa un valore da difendere nel momento in cui è il risultato complesso dell’evoluzione di uno Stato democratico che coglie e accoglie la complessità dei processi storici interrelati. In caso contrario, in Stati solo burocratici, la stabilità rischia di essere – a ben guardare – un rischioso dis-valore.

La ricerca continua …

 

 

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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