Oggi più che mai, prima delle decisioni strategiche viene la responsabilità intellettuale di ri-fletterci (calarci dentro) in una realtà insostenibile.
L’insostenibilità politico-strategica del mondo e dei mondi ci riguarda tutti e si fa evidente dall’alto e nel profondo. I player globali cercano insistentemente un ordine che non potrà più essere quello che conoscevamo prima della fine dell’equilibrio bipolare mentre le società, nel profondo, appaiono sempre più disuguali e separate.
Operare “giudizio storico”, dentro il cambio di era, nel pieno di una megacrisi de-generativa e di una guerra mondiale “a pezzi”, è talento indispensabile. La crescente complessità, lo sappiamo, rende il compito più arduo ma anche più sfidante.
La responsabilità intellettuale è nel ri-appropriarci della realtà-in-noi. E’ una sfida che diventa ogni giorno più difficile e che passa dalla comprensione di ciò che accade, verso la com-prensione. Se, da un lato, occorre maturare un metodo complesso di ri-congiungimento nella realtà come cammino nell’incertezza, dall’altro lato occorre focalizzare l’attenzione sulle dinamiche e sulle sfide che caratterizzano il nostro tempo. Ne vediamo, tra le molte, almeno due che ci preoccupano: il progressivo “svuotamento” delle democrazie liberali e il consolidamento dei “segni totalitari”.
Tanti re sono nudi e i primi ad esserlo sono i nostri paradigmi-di-certezza. Fluidità, dinamicità, velocità, radicalità sono, secondo noi, parole adatte a descrivere la realtà in cui viviamo: eppure, dentro queste parole, che diventano essenza dei processi storici in progress, il “costituito” si rafforza. Argomenteremo come questo possa essere considerato un “segno totalitario”, molto rischioso per l’intera umanità e, quindi, per ciascuno di noi.