Lo sviluppo umano integrale chiede scenari complessi

Il “cambio di era” nel quale siamo immersi è caratterizzato dalla megacrisi de-generativa che percorre il mondo e i nostri mondi. Che vi sia, da parte dei principali player a livello internazionale, la volontà di guardare a un nuovo ordine globale è un dato acclarato: altrettanto lo è il rischio che tale transizione si consumi in una gigantesca economia di guerra, di competizione esasperata, di mancanza di cooperazione. Eppure, crediamo, ci sono grandi potenzialità per cambiare via: cominciando a  considerare lo sviluppo umano integrale un tema geostrategico decisivo.

Principi e valori, intrecci culturali, scelte politico-istituzionali, dinamiche economico-finanziarie, regole: tutto questo, che identifica la complessità del reale, viene guardato con approccio separante e lineare. Ma tutto, in realtà, si tiene ed è interconnesso: agire sui vari piani in tempi diversi può rappresentare un errore fatale. Servono scenari complessi e qui s’incontrano le difficoltà di classi dirigenti che si mostrano disabituate alla complessità.

Chi non vuole la pace ? Molti osservatori, giustamente, si domandano: quale pace ? Secondo noi, nel “cambio di era”, la vera pace si può ri-costruire (costruire continuamente) solo avendo a cuore la sostenibilità politico-strategica del mondo e dei mondi. Fanno amaramente sorridere le posizioni di chi vorrebbe scegliere tra il “governo del mentre” e l’ “oltre”. Come si può separare l’unica dimensione dell’agire strategico ?

La tragedia dei nostri anni è che, nel riarmo generalizzato che si sta consumando a livello internazionale, a pagare il prezzo siano sempre e soltanto le popolazioni inermi che vengono oltraggiate e colpite a morte. I resistenti vanno aiutati, anche militarmente, ma la resa alla guerra permanente equivale a teorizzare la resa delle popolazioni colpite da invasioni dirette (si veda l’Ucraina) o vittime di conflitti e guerre sparsi per il mondo e di cui ben pochi, almeno nelle cronache, parlano.

Occorre un realismo diverso. La guerra ha molte sfaccettature. Essa, ad esempio, è anche nel mancato accesso all’acqua: frutto di politiche sbagliate nel mancato investimento in infrastrutture resilienti e nella cessione del bene più importante della vita a logiche di solo profitto; conseguenza di una crisi climatica drammatica; utilizzo dell’acqua come arma geopolitica. La guerra, per fare un altro esempio, è anche nelle crescenti disuguaglianze in società nelle quali si sono erose le garanzie pubbliche di accesso alla sanità, all’istruzione e nelle quali, tema che ci colpisce sempre molto, la povertà (drammatica per chi non ha lavoro) attraversa ormai anche chi un lavoro ce l’ha.

In questo quadro, nel realismo necessario e nell’oltre che già percorre il qui-e-ora, le decisioni strategiche devono fare i conti, da ogni territorio al mondo (e ritorno), con la questione dello sviluppo umano integrale.  La relazione come fondamento, un pensiero che lavori a ri-congiungere gli opposti, una politica di mediazione-visione dentro istituzioni de-burocratizzate, scelte economiche di “competizione cooperativa”, regole adeguate a un mondo in transizione: questo quadro d’insieme (fatto d’interrelazioni e di retroazioni) è necessario, e lo approfondiremo, non per un governo della complessità ma per un governo che tenga conto della complessità planetaria in ogni nostra scelta continentale, regionale, nazionale, territoriale,  personale.

 

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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