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Medio Oriente: la neutralità anti-occidentale della Cina (dal Washington Post e da alcuni think tank)

(Marzia Giglioli)

Si avvicina la data dell’incontro tra Xi e Biden, molti i dossier sul tavolo e molte le domande della vigilia: con gli occhi puntati anche sul ruolo di Pechino in relazione alla guerra di Gaza. Certamente l’influenza della Cina in Medio Oriente sta crescendo, ma – come scrive il Washington Post – è ancora piuttosto leggera. Pechino, all’inizio di quest’anno, ha contribuito a mediare un riavvicinamento tra Arabia Saudita e Iran. Ad agosto, il massimo diplomatico cinese, Wang Yi, aveva suggerito come Pechino stesse presiedendo ‘un’ondata di riconciliazione’ in Medio Oriente.

Ora, però, il conflitto minaccia di espandersi lungo pericolose linee di frattura: da parte filo-iraniana – scrive ancora il WP – si stanno intensificando le azioni contro gli interessi statunitensi e israeliani, ed anche il processo di normalizzazione araba con Israele architettato dagli Stati Uniti è congelato. In tutto questo, la Cina sembra più interessata ad ‘atteggiamenti discorsivi’ piuttosto che a veri e propri sforzi diplomatici. Sta spendendo poco o niente della sua influenza sull’Iran.

Invece, sta coltivando una ‘neutralità anti-occidentale’, come ha spiegato Ahmed Aboudoh del think tank britannico Chatham House, cioè, ‘una neutralità che si ferma prima di condannare qualsiasi Paese o forza che mini la centralità occidentale nell’ordine globale (piuttosto che prestare esplicitamente sostegno ad Hamas)’. Ciò ha chiari fini retorici, data l’ondata di rabbia in Medio Oriente e in gran parte del Sud del mondo per i doppi standard percepiti che riguardano l’Occidente.

Contemporaneamente – scrive ancora il Washington Post – l’amministrazione Biden, che vede nella concorrenza con la Cina la principale preoccupazione della sua politica estera, è consapevole delle reazioni che deve affrontare e ha silenziosamente cercato di frenare i peggiori impulsi del governo di destra del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Ma è ancora considerato complice del crescente numero di vittime a Gaza.

La Cina, in realtà, si sta comportando semplicemente in modo opportunistico. Può far valere la sua solidarietà con il mondo musulmano e arabo in generale, anche se porta avanti la persecuzione di innumerevoli musulmani uiguri nella regione dello Xinjiang, una causa che non ha suscitato neanche lontanamente la stessa attenzione di quella dei palestinesi. ‘Questa particolare questione non ha risonanza nel ‘mondo musulmano’ allo stesso modo della questione palestinese’, ha detto al Wall Street Journal Neysun Mahboubi, direttore del Penn Project on the Future of US-China Relations presso l’Università della Pennsylvania. E ha aggiunto che mentre l’amministrazione Biden attira l’ira di molti Paesi nel suo sostegno a Israele, ‘c’è un’opportunità per la Cina di modellare un’immagine di potenza mondiale responsabile, più dei suoi concorrenti, compresi gli Stati Uniti’.

(riproduzione autorizzata citando la fonte)